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Osservare

È un’estate tiepida e piacevole, accompagnata da un sole che brucia nel cielo senza troppe pretese. Probabilmente quest’anno anche lui si è impigrito: imbroglia l’obbligo di levarsi ogni mattina lasciando spazio alla pioggia almeno una volta ogni due giorni.
E tu, come spesso accade, sei là seduta tra gli scogli, camuffata dalla giornata poco luminosa.
Hai indosso una gonna color sangue lunga fino ai piedi; si è inzuppata di mare sporco, ma non ci badi, perchè il tuo sguardo è perso verso l’orizzonte: indugia sui colori del cielo mentre ringrazi la sacralità di quel luogo, che riesce a nasconderti da qualsiasi occhio rischi di osservarti.
Non ti piace essere osservata, sei piuttosto un’abile osservatrice.
Gli sguardi degli altri, anche se sfuggenti, ti hanno sempre dato fastidio. Ti gettano addosso una sensazione di pressione così fastidiosa… lo so bene, solo tu sai descriverla così come la percepisci.
Per questo quando scherzando tra amici ti viene chiesto: «Se tu potessi avere un superpotere quale sarebbe?» rispondi sempre senza troppi dubbi: «L’invisibilità».
Ma certo, non è ovvio? Soltanto quella dote risulta desiderabile, utile.
Vuoi mettere leggere la mente? Un supplizio.
O vivere per sempre? La peggiore delle condanne.
Volare? Forse questo può essere interessante, ma mai, mai utile quanto essere osservatrice senza venir osservata;
muoversi per le strade senza essere scorta;
essere, senza esser giudicata.
Essere te in mezzo agli scogli, nella tua cara solitudine: senza equivoci, senza abbagli, senza fraintendimenti.

Adesso perdonerai la presunzione di quanto sto per dire: io sono un’eccezione.
Non mi limito ad osservarti: riesco a guardare i tuoi occhi. Addirittura intravedo le smorfie che si susseguono sul tuo volto mentre miri il mare: appari velata da una mite tristezza. Sotto la tua pelle scorre una sottile ma persistente malinconia, che affiora fugace anche quando sorridi, ridi, gioisci.
So che sei brava a gioire, non mi sfuggi: ti ho vista rallegrarti per l’inaspettato, per la magnificenza della natura. Ti ho vista quando hai amato, quando hai donato la felicità, quando hai mangiato il gelato ad inizio primavera, o la prima volta che hai avvicinato le labbra ad un microfono.
Da anni ti osservo dalla mia posizione privilegiata, anche se tu non lo sai. Attendo con pazienza il giorno in cui riuscirò ad inquadrarti, perché mai, in un’intera vita, sono riuscita a farlo.
Chi sei? Ho visto cambiare i paesaggi e te con loro: sei stata in montagna, al mare, al fiume, tra i laghi, sotto alle cascate; hai abbracciato praterie sconfinate, le città, le metropoli, il bosco. Hai indossato vestiti diversi, dipinto i tuoi capelli con l’arcobaleno, ed i tuoi occhi con diamanti scintillanti. Ma niente è durato tranne quella sottile, costante, impercettibile malinconia.
Oggi in riva al mare non riesco ad osservare la tua felicità.
Oh, giovane fanciulla con i capelli scompigliati dal vento e gli occhi rivolti verso il cielo, cosa vuoi di più degli occhi per vedere? Delle orecchie per sentire? Delle mani per toccare? Della labbra per baciare?
Se solo sapessi,
se solo potessi,
placherei il tuo tormento, lo giuro con la mia anima tra le dita, lo placherei.
Parlami, smetti di fingere, so che riesci ad udirmi.
Dimmi: quale volto, tra i nostri, è reale?
Ma tu taci. Osservi le onde, con loro ti agiti… e taci.
Taci come adesso che sei in riva al mare a guardare l’orizzonte, con lo sguardo presente ma allo stesso tempo assente, di chi ancora non ha capito come si smette di osservare sé stessi vivere.

2 risposte su “Osservare”

Elena questo pezzo è bellissimo, fantastico…hai un modo di scrivere così fluido, avvincente, riesci a descrivere esattamente e con maestria quello di cui stai parlando! Congratulazioni

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